Zomato, riporta il Post, azienda multinazionale indiana in forte crescita con sedi in 24 Paesi, tra i quali l’Italia, con 4000 dipendenti dei quali il 35% donne, con un’iniziativa che la pone tra le prime realtà produttive al mondo a farlo, riconosce non solo l’esistenza della dismenorrea, ma anche l’importanza della sindrome e consente alle donne che ne soffrono di utilizzare 10 giorni di congedo retribuito all’anno. Il fondatore e amministratore delegato della società Deepinder Goyal l’ha reso pubblico l’8 agosto, spiegando che l’azienda vuole «favorire una cultura basata sulla fiducia, la verità e l’accettazione», dove le donne non debbano provare l’imbarazzo di dover spiegare o giustificare la propria condizione ogni volta. La notizia è particolarmente significativa soprattutto perché arriva da un’azienda la cui sede principale è in India, dove le mestruazioni sono considerate un argomento tabù più che in altri paesi. Si tratta di un’iniziativa lodevole e decisamente utile che ci si augura possa fare “scuola”. Suscita, tuttavia, perplessità la possibilità per le persone transgender di usufruire del permesso: a fronte di una reale sofferenza delle donne, può bastare un “sentirsi” mestruate per ottenere permessi retribuiti? E la domanda che sorge spontanea è: anche questo farà scuola?