L’European Women Alliance (EWA), associazione che intende rappresentare le donne nel dibattito pubblico come pure nella politica europea, lamenta da alcuni anni la mancanza di un luogo istituzionale dove discutere di temi importanti come il divario occupazionale e salariale tra uomini e donne e la segregazione occupazionale femminile sul mercato del lavoro. Ora, finalmente, il Parlamento europeo ha approvato, con oltre 500 voti su 688, la risoluzione secondo la quale gli Stati membri debbono trattare la parità di genere come un settore specifico delle politiche pubbliche, integrandolo nella normativa dell’Unione. Si tratta, come ha commentato EWA, di un passo fondamentale per ridurre i divari tra gli Stati membri, rafforzando in tal modo la parità di genere, specialmente in quei Paesi caratterizzati dall’ascesa di movimenti nazionalisti e antieuropei.
Fonte: Notizie.it/politica
Secondo il Gender Gap Report 2019 realizzato dall’Osservatorio JobPricing con Spring Professional, in Italia dal 2016 al 2018 la differenza retributiva è diminuita del 2,7%, ma resta comunque ampio il gap che è di 2.700 euro lordi, pari al 10% in più a favore degli uomini. Secondo Eurostat, sulla base di questi valori, il nostro Paese si colloca al 17° posto su 24 paesi per ampiezza del Gender Pay Gap nel settore privato. Anche nelle missioni Ue di gestione delle crisi le donne hanno un ruolo ancora minoritario. Sembra restare marginale il ruolo e il significato delle donne sul posto di lavoro, con garanzie scarse e carenti. Bassa anche la percentuale di donne in posizioni di leadership.
Eppure, anche nel periodo di emergenza sanitaria, le donne hanno riadattato la propria routine, lavorando duramente negli ospedali, nei supermercati, nelle imprese di pulizia e sanificazione, nelle RSA, a scuola. Hanno gestito (e continuano a farlo) professione, figli, didattica a distanza, disabilità e genitori anziani. Contemporaneamente. E purtroppo la crisi economica aggravata dalla pandemia ha lasciato molte donne senza lavoro.
Così ha dichiarato in una nota Alessia Centioni, Presidente EWA: “Il divario occupazionale e salariale tra uomini e donne, la segregazione femminile nel mercato del lavoro, gli ostacoli che impediscono l’accesso a posizioni di vertice, la tutela della salute sessuale e riproduttiva delle donne sono temi che non sono mai stati affrontati direttamente perché è mancato un luogo istituzionale dove discuterne e prendere decisioni”.
Ma le diseguaglianze di genere non costituiscono un problema secondario, “dal momento che comporterebbe la creazione di oltre 10,5 milioni di nuovi posti di lavoro entro il 2050 e un aumento del Pil Pro capite nell’Ue di oltre il 10%”. Per la Centioni si tratta quindi di “temi fondamentali e urgenti non solo per la ripresa immediata di tutta Europa. Ma anche per dare una prospettiva di benessere alla prossima generazione di europei”. Per il momento, alla luce dei risultati raggiunti, “EWA esprime grande soddisfazione per questo risultato che concretizza l’impegno della nostra associazione. Soprattutto rende possibile in tutta l’Ue dare risposte comuni alle disuguaglianze operate a svantaggio delle donne. È un passo fondamentale per ridurre i divari tra gli Stati membri rafforzando la parità di genere attraverso un approccio intersezionale come da noi richiesto”.
Alessia Centioni parlando della disparità tra uomo e donna e di EWA ha spiegato: “La proposta è stata lanciata il 6 marzo del 2019, all’interno di un summit informale del 2018, il Women European Council. Al nostro fianco anche le donne del Parlamento europeo, le commissarie e alcuni rappresentanti degli stati membri per discutere alcune proposte ex novo, fatte sulla base del divario di genere esistente e che vogliamo colmare. Oppure si tratta di proposte che riprendono l’agenda del Consiglio europeo, ma con una prospettiva di genere. In questi due anni e mezzo abbiamo fatto un lavoro molto sottotraccia, dal quale però abbiamo ottenuto importanti risultati. Per la prima volta, Banca centrale e Commissione europea sono presiedute da donne“, ha sottolineato Alessia Centioni.
“Con la proposta lanciata nel 2019 vogliamo creare un consiglio gender equality all’interno del Consiglio dell’Unione. Fino ad adesso, le questioni di genere vengono affrontate all’interno del Consiglio degli affari sociali. Non c’è mai stato un luogo formale in cui discuterne e quando in agenda c’erano temi legati alla parità di genere spesso sono stati messi da parte“, ha spiegato Alessia Centioni, presidente EWA. “La nostra richiesta finalmente si è tradotta in una risoluzione approvata dal Parlamento europeo. Adesso il nostro lavoro dovrà tradursi in azioni concrete e, sulla base di un voto a maggioranza qualificata, vogliamo davvero formare un consiglio gender equality”, ha aggiunto.
“La priorità è applicare il metodo Gender Mainstream, creato più di 20 anni fa dalle Nazioni Unite e con il quale le politiche pubbliche vengono valutate sulla base dell’impatto che hanno sulle donne. Sulla carta il Gender Mainstream esiste anche all’interno delle istituzioni europee. Tuttavia, mancano ancora degli indicatori che possano valutare in maniera scientifica e oggettiva l’impatto dei fondi e delle politiche pubbliche sulle donne. Dev’essere un impatto positivo che permetta di accorciare e sradicare le distanze tra uomo e donna. Noi esigiamo trasparenza e vogliamo che questi fondi abbiano una ricaduta positiva socialmente, volta per esempio ad aumentare la partecipazione della donna sul luogo del lavoro“, ha spiegato Alessia Centioni, presidente EWA.
“Sul divario salariale ci aspettavamo una direttiva dell’Ue, fortemente avversata dal settore privato, che accusa il provvedimento di essere un ulteriore cartello amministrativo per le imprese, che lo rifiutano in un momento di crisi. Ma rendicontare il salario dei propri dipendenti affinché non ci siano discriminazioni e discrepanze tra uomo e donna, non costa nulla all’azienda. Così facendo, si tutelano le donne lavoratrici. L’Italia è ultima nell’occupazione femminile, che è scesa a 48,5% nel 2019. Nel terzo semestre dello stesso anno sono stati persi più di 480mila posti di lavoro. Portare l’occupazione femminile al 70% per l’Italia significherebbe 7 punti di Pil. I redditi delle donne, legati anche alla differenza salariale, nel nostro Paese sono più bassi del 20%“.
Così ne deriva “una condizione di maggior povertà per le donne, che è conseguenza non solo delle ridotte possibilità di lavorare, ma anche del livello e della qualità delle infrastrutture sociali che il Paese mette a disposizione. In un caso su quattro, una donna che sta per avere un figlio o all’arrivo del secondo lascia il lavoro. Questo accade perché non si sa dove lasciare i bambini”, sono i dati sui quali la Centioni si è giustamente soffermata.
Abbattere gli stereotipi culturali
I numeri parlano chiaro. Infatti, Alessia Centioni, presidente EWA, che è madre e lavoratrice, ha aggiunto: “Le cifre di occupazione femminile al Nord e al Sud, confrontati con la presenza di asili nidi, testimoniano che la disoccupazione delle donne è motivata dalla scarsissima presenza di infrastrutture sociali. In Italia non nascono più bambini. Si fanno più figli al Nord, perché al Nord si lavora e ci sono infrastrutture”. Alle donne mancano ancora garanzie, affinché possano essere madri e donne in carriera, senza dover rinunciare alle proprie aspirazioni.
Per la Centioni serve un “cambio di passo nelle divisioni delle responsabilità familiari. Ma in Italia siamo solo agli inizi: dare 10 giorni di congedo all’uomo che diventa padre non è sufficiente se confrontato ai 3/4 mesi della paternità. Un provvedimento importante sarebbe mettere sullo stesso piano i congedi. Tanti giorni do alle donne e altrettanti agli uomini. Sarebbe questo un modo per riequilibrare le divergenze esistenti sia a livello economico sia lavorativo”.
Lo scenario futuro
Alessia Centioni ha spiegato gli obiettivi di EWA ed espresso lo scenario futuro al quale aspira e che tanto desidererebbe vedere concretizzato. “Il futuro che vorrei e per il quale lavoro è fatto di investimenti massicci sull’educazione e sui servizi sociali. Per me sono il collante della società. Solo in questo modo si possono formare gli individui che compongono la società stessa. Spero che le donne possano finalmente occupare uno spazio maggiore nel mercato del lavoro. Ma anche ridisegnare un modello di società che funzioni davvero per tutti. Bisogna partire dalla più tenera età per formare cittadini liberi e rispettosi del vivere sociale. Spero che le donne possano riappropriarsi della propria indipendenza economica e scalare i vertici della vita pubblica”, ha commentato.